Salta al contenuto[S]

Il sito è accessibile ad ogni browser o strumento che consenta di navigare sul web. Tuttavia, per godere della migliore esperienza di navigazione, occorre scaricare un browser più aggiornato, compatibile con gli standard web.

[H]Home [M]Missione [P]Mappa [A]Aiuto [N]Novità [C]Contatti [R]Cerca
Sei qui:  Home > Elenco dei Comuni dell'Irpinia > Cervinara > Storia

Storia

Il rinvenimento nelle frazioni di Valle, Castello e Ioffredo (o Joffredo) di reperti archeologici preromani e romani, conferma non solo la frequentazione, ma la stabile abitazione dell'area sin da tempi remoti. In alcuni sepolcreti, nel territorio di Valle e di Castello, infatti, sono venute alla luce delle mura ed altro materiale la cui datazione è anteriore al III secolo A.C., come pure presenti dovevano essere le "stazioni di posta", "Starze", impiegate dagli abitatori preromani durante gli spostamenti e la transumanza tra i vari Oppida (fortezze).

Del resto, una delle ipotizzate spiegazioni circa l'origine del nome di Cervinara, dovuta a Frate Arcangelo da Montesarchio nel XVI secolo (che cercò di individuare la radice latina nel nome di ogni paese della Valle Caudina), si ricollega ad una leggenda, su cui si fondano le celebrazioni di Cereris Ara, che si tengono l'ultima domenica di settembre. La vicina Caudium (oggi Montesarchio), era circondata da numerosi tempi, uno dei quali dedicato alla Dea Cerere (Cereris ara), Dea del raccolto o delle messi. Cervinara, stando a questa ricostruzione, avrebbe quindi tratto il nome dal tempio e sarebbe stata edificata attorno ad esso, dopo la distruzione di Caudium da parte dei Romani, e la notevole vicinanza tra il nome romano e l'attuale indurrebbero a ritenere non peregrina tale spiegazione. I resti del tempio sarebbero rappresentati da qualche colonna interrata tra le frazioni Santa Maria della Valle e Castello.

Tuttavia, essendo il territorio comunale ancora oggi ricco di boschi, presumibilmente frequentato in passato abbondantemente dalla selvaggina, non è da scartare l'altra tesi, di Domenico Capolongo, anch'essa verosimile, che basandosi sulla presenza di cervi, ritiene che Cervinara, derivi da "terra di cervi" o "ara cervis", cioè altare dei cervi. Non a caso, proprio un cerbiatto appare sullo stemma comunale. Tale tesi, però, contrasta colla circostanza che in passato tutta la zona era malsana: uno storico, infatti, fece riferimento alla cattiva qualità dell'aria di Cervinara, tanto che la denominazione "Cervinaria", impiegata in un'antica Cronaca del Monastero di Farfa, ivi proprietaria di un terreno, era riferita agli insetti tipici delle paludi, detti appunto Cervi volanti, cioè "cervi in aria". Per tale motivo, vi è chi si spinge ancora oltre, ricollegando l'etimo a vasti campi aperti, che godono di un'enorme aria, color cervino, quindi cervinia, da cui Cervinara.

Neanche da escludere, infine, è la terza tesi, che fa discendere il nome del paese da una "cella vinaria", cioè una cantina per la conservazione del vino, facente parte di una proprietà rurale monastica. Tale tesi troverebbe conforto nel fatto che il primo documento relativo al paese, del IX secolo, di cui diremo tra poco, nel Chronicon Vulturnese, è relativo ad uno scambio di terre tra i monaci di San Vincenzo al Volturno ed il Principe longobardo Sicardo.

Ad ogni modo, quale che sia la giusta tesi, il tempio pagano dedicato alla Dea Cerere, venne trasformato in cristiano, ed attorno ad esso cominciarono ad addensarsi delle abitazioni, in aggiunta a quelle già presenti, se già edificate.

I Longobardi (o addirittura i Bizantini) edificarono, verso il IX-X secolo, su di un colle un "Castrum", fortilizio difensivo di cui sono visibili i ruderi, creando le premesse per la nascita di un borgo medioevale, che venne protetto da mura, pare a protezione delle incursioni Saracene. Il nucleo originario del borgo fu costituito dalle attuali frazioni Castello e Ioffredo (o Joffredo), che, probabilmente, trassero il nome dai primi feudatari Gottfred o Jeofred. La frazione Castello, ancora oggi, mantiene dei tratti marcatamente longobardi. Ed, infatti, la prima citazione in un documento del paese risale all'837, nel già citato Chronicon Vulturnense (riportato dal Di Meo negli Annali), dove si faceva riferimento ad una permuta di alcuni edifici religiosi e terreni, trasferiti ai Monaci del Monastero di S. Vincenzo al Volturno, con alcuni beni, tra cui "castrum quoque dicitur Cerbinaria in Caudetanis", cioè, il fortilizio militare di Cerbinaria nella terra dei Caudini, a favore del Principe longobardo beneventano Sicardo.

In un documento dell'anno 1000 dell'Abbazia S. Sofia di Benevento vi sarebbe un successivo riferimento al Castello di Cervinara.

Nel 1127, il Castello risultava distrutto ed i relativi possedimenti facevano capo al Castello di Arpaia.

Numerosi furono i feudatari di Cervinara, elencati nell'opuscolo "Per la storia di Cervinara, appunti di Giuseppe Pennetti" (Avellino 1891). Ricordiamo il Conte Malcerius, Malcerio, Malgerii o Malgerio), dopo il 1150, Roberto Sansoni de Molino (o De Molinis), signore di Arpaia e Cervinara.

Stando a quanto scrisse il Di Meo, il Castello venne saccheggiato dalle milizie di Ruggiero il Normanno durante la lotta contro il cognato Rainulfo Butterico, Conte di Avellino. Infatti, nel 1132, Matilde de Hauteville, sposa di Rainulfo, cercò riparo dal fratello Ruggiero richiedendo la restituzione della dote, che comprendeva anche il Castello di Cervinara. La lotta durò tre anni ed alla fine, 1135, il Conte Rainulfo risultò sconfitto ed il Castrum distrutto. Il Castrum venne, perciò, ricostruito, ampliato e trasformato dai Normanni e si ampliò il Castellum, il borgo fortificato che gravitava attorno al Castello.

Nuove distruzioni del castrum e del castellum si ebbero per l'invasione delle truppe sveve dell'imperatore Federico II.

Venne poi il turno degli Angioini. Col passare del tempo, da struttura difensiva, il Castello assunse la funzione di residenza dei feudatari. Nel 1270, la Regia Corte di Napoli affidò la gestione di diversi possedimenti cervinaresi a Cunzio (o Cunsio) de Morello, poi al figlio Errico, poi a Bartolomeo de Luciano, che, nel 1273, ebbe problemi con la giustizia, ed i beni tornarono alla Regia Corte, che li girò in gestione a feudatari angioini, Ferrerio de Charalt e poi nel 1279 a Isabella de Chauville, e nel 1288, altro nobile francese, Giovanni della Leonessa e poi a tanti altri feudatari, che tralasciamo per brevità rinviando a libri indicati alla fine della pagina, limitandoci a ricordare i Filangieri, i Carafa, i d'Avalos, per giungere al primo Marchese di Cervinara, il giudice Berardino de Barrionuevo.

Dal 1607 all'abolizione dei diritti feudali (1806), fu la volta dei Caracciolo di Sant'Eramo, con interessi anche nella prossima Rotondi, proprietari del Palazzo Marchesale nella frazione Ferrari, ampliato e rinnovato nella prima metà del XVII secolo dal Marchese Francesco Caracciolo, comprato successivamente dai Conti del Balzo, imparentati ai Caracciolo per linea femminile.

Il periodo feudale, grazie alla fertilità del suolo, vide un notevole sviluppo dell'agricoltura cervinarese, tanto da determinare uno spostamento della popolazione e dell'economia del paese a valle, a partire dal XVI secolo, verso la pianura. La crescita delle coltivazioni agricole continuò fino al principio del XIX secolo.

Con la riorganizzazione dell'assetto amministrativo operata dai Francesi nel 1806, il Regno di Napoli venne suddiviso in distretti; Cervinara venne inclusa nel terzo, facente capo a Montefusco. La soppressione degli ordini monastici, operata nel febbraio del 1807, determinò la chiusura del Convento dei Carmelitani a Trescine, dove aveva dimorato il Papa Benedetto XIII nell'aprile del 1727, come pure del Collegio dei Canonici della Collegiata di S. Gennaro.

Già nel 1815 si registrarono episodi di banditismo, brigantaggio in embrione, che però si ricollegavano alla delinquenza comune, senza alcuna connotazione politica.

I Carbonari cervinaresi, circa duecento, operarono attivamente per diffondere gli ideali rivoluzionari. Ciò spiega la partecipazione ai Moti liberali, prima a quelli del 1820, poi nel 1848, quando, il 14 maggio, i Carbonari per osteggiare il ritorno dei Borboni presero le mosse alla volta di Napoli per crearvi una Repubblica. Tuttavia, i "rivoluzionari" carbonari non riuscirono mai a "far breccia" nel cuore dei Cervinaresi, in genere non a conoscenza dei piani dei Carbonari, tant'è che la popolazione, nel complesso, rimase legata ai Borboni, tanto che il 29 e 30 novembre 1860, insorse contro il governo piemontese, originando il fenomeno del brigantaggio nella Valle Caudina, che coinvolse Cervinara dal 1858 al 1876: se celebri divennero il nolano Cipriano La Gala ed il cervinarese Felice Taddeo, che capeggiarono i briganti che si rifugiarono sui monti, da cui calavano per creare il panico tra la popolazione, mettendo "a sacco" i paesi della sottostante valle ed imponendo ricatti, numerosi furono gli altri briganti coadiuvati dalle loro amanti, molto spesso più spietate di loro furono le loro amanti. Con durezza, la Guardia nazionale, stroncò il fenomeno criminale. Tutto ciò fu dovuto alla delusione delle speranze connesse all'annessione del Regno di Napoli allo Stato Sabaudo, a sicuri abusi commessi sia dai Piemontesi che da malintenzionati insinuatisi nella Carboneria, ponendola in cattiva luce agli occhi dei Cervinaresi.

Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, le condizioni di vita dei Cervinaresi, che erano più di 7000, erano alquanto grame. Infatti, le abitazioni erano prive di illuminazione ed acqua e la popolazione viveva di stenti, per le seguenti ragioni:

A peggiorare le cose, alla vita grama, si aggiungeva la pressoche quasi totale assenza di occasioni di socializzazione, unico vero momento di contatto essendo la partecipazione alla messa nei giorni festivi o, al più, una sosta in Caffetteria. L'analfabetismo era la regola, con inevitabili ripercussioni sulle vicende elettorali, visto che per poter votare occorreva essere maschi, ricchi ed istruiti, il che corrispondeva ai classici "quattro gatti", assai meno dell'1% della popolazione. In un contesto così desolato, si spiega, da un lato, la proliferazione delle Parrocchie e la forza del Clero, che finivano per sussidiare o assistere non poche famiglie, dall'altro delle Congrege, in numero di sei.

Durante l'epoca giolittiana si registrò una crescita urbanistica. Iniziò, un graduale processo di trasformazione di Cervinara, che fu dotata di una stazione ferroviaria lungo la linea Benevento-Cancello, di un acquedotto locale e di una centrale elettrica.

Il perimento di un centinaio di Cervinaresi durante la Prima Guerra Mondiale, fu alla base dell'erezione del Monumento ai Caduti all'interno della Villa Comunale, inaugurato il 17 agosto 1930, con fondi degli emigrati. Ed il periodo fascista rappresentò un momento di vitalità per Cervinara, che si giovò di diversi interventi e provvedimenti, come la realizzazione della rete elettrica pubblica, la disciplina del corso dei torrenti, che fino ad allora inondavano periodicamente campi ed il paese, il piano urbanistico, la realizzazione dell'acquedotto, con fontane pubbliche a cui finalmente potevano attingere acqua i cittadini, non più costretti a raggiungere il fiume o pozzi, il ponte sul fiume Conca, l'apertura di via Rettifilo per l'accesso alla stazione ferroviaria.

Il sisma del 23 novembre 1981 colpì il centro storico di Cervinara, determinando la necessità di demolire l'antica Chiesa del Carmelo in piazza Trescine, decisione, però contestata dai Cervinaresi.

Il 16 dicembre 1999, Cervinara e particolarmente le frazioni Castello e Ioffredo, fu colpita da un'alluvione, determinata da un movimento franoso originatosi dai monti a ridosso delle case.

Cervinara diede i natali a Ramiro Girardi (1657-1746), che venne definito da Bernardino Izzi "Uomo veramente di Dio". Da semplice monaco, divenne Priore e poi Abate, di Airola, poi di Aversa, successivamente di Napoli, ed infine, a 62 anni, il 30 aprile 1719, di Montevergine, fino al 26 aprile 1722. Venne riconfermato nell'incarico il 15 aprile 1742, alla veneranda età di 85 anni, e riuscì a esercitare il suo ufficio fino 21 maggio 1743. Morì a Marigliano il 17 marzo 1746. A Cervinara, nacque pure l'Oculista e ricercatore Domenico Bruno (fine XIX-inizio XX secolo), i cui studi furono molto importanti per il progresso della disciplina e molto seguiti nel mondo accademico italiano, e l'Avvocato Riccardo Bruno (nipote del precedente), 1913-1990, noto "Principe del foro", a cui Cervinara dedicò, il 26 maggio 2001, l'Aula delle udienze del Tribunale.

Per approfondimenti sulla storia di Cervinara, suggeriamo la lettura di "Paese Mio" di Alfredo Marro, "Terre di briganti" di Angelo Renna, "Cervinara Ieri e Oggi" e l'"Abbazia di S. Gennaro" di Gennaro Formato, "Notizie storiche di Cervinara" di Alfredo Marro, "Cervinara nella storia e nella leggenda" di Antonio Esposito. Una corposa biblioteca, dove è possibile consultare anche i testi suindicati, si trova presso la sede de "Il Caudino", il giornale locale, sita in Piazza Municipio.

Torna a Cervinara