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Cappella Montevergine

Contrada Lago vista dall'alto La Cappella dedicata a Maria Santissima di Montevergine, ubicata in Contrada Lago In Contrada Lago (immagine sulla sinistra), unica frazione di Petruro, da cui dista solo 770 metri, in prossimità di un burrone, laddove sorgeva l'unico borgo prima che la popolazione si aggregasse attorno alla Chiesa di S. Bartolomeo Apostolo, sorge la Chiesetta di Montevergine, in realtà una cappella rurale, che si vede nell'immagine sulla destra. Poichè cercheremo di individuare il periodo di edificazione della Chiesetta, in via preliminare, è opportuno chiarire la storia della zona, che si chiama "Contrada Lago", perchè qui c'era il Lago di Montefuscolo (o meglio c'è qualcosina, visto che il laghetto occupa la parte residua della cava a cielo aperto usata dalla SAIM Laterizi per la fabbricazione di mattoni. L'estensione del laghetto approssima i 200 mq). Stando alla tradizione, la località sarebbe stata totalmente distrutta, forse da una frana staccatasi dalla collina che domina il sito. Di certo, la località fu abitata sin dal XVI secolo. Ne abbiamo la riprova analizzando gli atti aggregati a suo tempo da Francesco Scandone (opera citata), che ordiniamo cronologicamente:

Torniamo ora all'indagine relativa all'individuazione del tempo di edificazione della Chiesetta. Il cartello turistico che vedete nell'immagine sulla destra, che dovrebbe fornire alcune informazioni essenziali, purtroppo, ci rende edotti solo della denominazione ufficiale "Cappella di Maria SS di Montevergine" (sull'architrave è scolpito "MSSIM" = Maria Santissima Immacolata) e della data di edificazione "sec. XIX". Più che informazioni, abbiamo solo due indizi.

Trattandosi di una cappella rurale sita nell'area di originaria aggregazione dei Petruresi, la prima conclusione ovvia è che la data del cartello non possa necessariamente che far riferimento all'ultima ricostruzione, cioè all'ennesima di una serie, visti i tantissimi terremoti e conseguenti devastazioni patite nel corso dei secoli dall'Irpinia, e, perciò, inevitabilmente anche da Petruro. La conferma deriva innanzitutto dal Centro Regionale di Competenza Analisi e Monitoraggio del Rischio Ambientale (AMRA) del Polo delle Scienze e delle Tecnologie del Dipartimento di Scienze Fisiche della Facoltà di Ingegneria dell'Università Federico II di Napoli, nato su iniziativa della Regione Campania con finanziamenti della Comunità Europea. Tale Centro, dal settembre 2002, ha avviato un Progetto Dimostratore che ha, tra gli obiettivi più importanti, la riduzione del Rischio Sismico in Campania. In un lavoro "Rischio sismico, paesaggio, architettura: l’Irpinia, contributi per un progetto", si trova "La definizione storica e geografica dell’Irpinia. I centri urbani e i terremoti dal 1456 al 1980, di Teresa Colletta, Cristina Iterar. Vengono identificati numerosi terremoti: 1456, 1688, 1694, 1702, 1732, 1805, 1851, 1853, 1930, 1962, 1980. Petruro Irpino viene fatto rientrare nella zona omogenea detta "Avellinese" e viene segnalato speficicamente come soggetto al sisma del 1688, il che fa supporre che quest'ultimo fu ancora più devastante degli altri, limitatamente a Petruro. Ulteriori dati utili si ritrovano in Giovanni Battista Alfano " Il terremoto irpino del 23 luglio 1930" - Scuola Tipografica Pontificia per i figli dei carcerati, Pompei 1931, dove Petruro appare appena al margine dell'area fortemente danneggiata, che lambisce la vicina Montefusco. Leggete anche "Il terremoto del 1732 nell'Irpinia e nel Beneventano in una relazione di quell'anno (Rivista Samnivm). Nessuna menzione specifica per Petruro, invece, si ritrova nel testo di Salvatore Pescatori "I terremoti dell'Irpinia" - Tipografia G. Ferrara, Avellino 1915, di cui esiste anche una versione pdf.

Quindi, la conclusione fatta all'inizio del paragrafo precedente è incontrovertibile, poichè suffragata da ricerche qualificate (e prima ancora dalla logica storica dei terremoti): la Cappella di Maria SS di Montevergine venne distrutta e ricostruita più volte. In ciò soccorrerebbe anche la data del 1455, che sarebbe iscritta sul portale d'ingresso, precisamente sull'architrave. Il problema è che, per il momento, non possiamo confermare tale circostanza, segnalata dalla Comunità Montana del Partenio, riservandoci di effettuare un controllo prossimamente. Un dato certo, però, viene dal passo dell'Inventario della Venerabile Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S. Bartolomeo del Castello di Petruro 1722, Fol. 6 , già citato trattando della Chiesa di S. Bartolomeo: "... la suddetta Chiesa, sotto il tit. di S. Bartolomeo Apostolo sia situata fuori l'abitto di detto Castello sopra un monticello ....". Abbiamo già osservato che "Fuori dell'abitato" può significare solo una cosa: che la popolazione vivesse aggregata presso l'attuale Contrada Lago, dove già doveva insistere perciò la Cappella di Montevergine. Anche se, è giusto osservare, che nel lavoro "Popolazione e chiese della diocesi di Benevento nella relazione ad limina del 1737" di Luigi Barionovi (in rivista Samnivm), Petruro vede censita solo la Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, ma non la Cappella di Montevergine.

A questo punto, però, l'individuazione della data esatta dell'ultima ricostruzione scema d'importanza, visto che non parliamo più dell'originaria struttura, di cui probabilmente faceva parte l'architrave citato all'inizio (che in genere, viene sempre reitegrato nelle nuove ricostruzioni, per mantenere una sia pur minima traccia del pregresso). Verosimilmente, la primitiva Cappella doveva essere molto antica, forse anche pregressa alla data 1455 sovrasegnalata, visto che Giovanni Mongelli ne "I monasteri e le chiese della Congregazione verginiana" - Abbaye de Maredsous (Belgio) 1977, sottolineò che "Il primo secolo della vita verginiana (ndr XII secolo) vide la massima diffusione della stessa congregazione, diffusione cominciata da S. Guglielmo e continuata fervidamente dai suoi immediati discepoli. Finchè la congregazione si mantenne in grande in grande fervore di spirito, la fondazioni delle case dipendenti continuarono nei secoli successivi, anche se con ritmo più lento .... Possiamo affermare che già dal XIII secolo, la congregazione verginiana non vide la necessità o la convenienza di una diffusione a più largo raggio, limitando la massima espansione alla Campania e disseminando solo piccole e meno importanti case fuori di questa regione. Quindi il secolo XII segnò i limiti della congregazione sia dal punto di vista geografico sia (probabilmente) da quello della consistenza numerica dei religiosi della stessa congregazione".

Diventa importante, allora, l'aspetto denominativo, "Montevergine". San Guglielmo da Vercelli, Patrono primario dell'Irpinia, formò varie comunità monastiche, prima fra tutte quella di Montevergine appunto, basandosi sulla Regola di San Benedetto, non a caso si parla oggi della Congregazione Benedettina di Montevergine. Lui ed i suoi proseliti girovagarono non solo per l'Irpinia, ma anche per i territori circostanti, fondando monasteri, abbazie ed altre strutture religiose variamente denominate. Straordinario fu il lavoro di individuazione degli insediamenti verginiani che si deve a Giovanni Mongelli, pubblicato nell'appena citato "I monasteri e le chiese della Congregazione verginiana". In tale lavoro, l'Autore effettuò una straordinaria indagine storica tentando (con successo) di delineare la storia delle istituzioni verginiane nel corso dei secoli, per la precisione dal XII al XVIII, riuscendo a fornire un quadro sinottico dei monasteri verginiani, distribuiti per secoli e per province. Limitandoci alla Provincia di Avellino, ove è ubicato Petruro, i dati sono i seguenti: XII secolo (19), XIII secolo (6), XIV secolo (4), XV secolo (5), XVI secolo (5), XVII secolo (0), XVIII secolo (0), totale 39 istituzioni verginiane. Analizzando i dati secolo per secolo, non abbiamo trovato alcun cenno in merito alla Cappella di Maria SS di Montevergine di Petruro, non solo in riferimento ai monasteri, come era ovvio, ma neanche in merito ai priorati, alle abbazie ed alle case dipendenti.

Altro capolavoro da esaminare, sempre di Giovanni Mongelli, è il ciclopico o se volete monumentale "Regesto delle pergamene", formato da sette volumi (I - sec. X-XX, II - 1200-1249, III - 1250-1299, IV - sec. XIV, V - sec. XV-XVI, VI - sec. XVII-XX, VII - Indice generale), che fornisce una marea di informazioni relative ai vari Comuni (nomi, cose notevoli, chiese e monasteri, città, luoghi, notai, giudici, ecc.). Bisogna, però, "armarsi" di tanta pazienza e disporre di molto tempo, visto che occorre "spulciare" riferimento per riferimento (migliaia ....), con conseguente mal di testa, nel breve periodo, (e nel lungo periodo, esaurimento ....). Noi lo abbiamo fatto in parte, lasciamo ai volenterosi l'ulteriore analisi ed ulteriori possibili scoperte.

Mettendo assieme tutto quanto detto finora, il risultato è che ci troviamo al cospetto di un piccolo edificio rurale religioso, ricostruito nel corso dei secoli, che venne forse gestito da monaci verginiani. Quest'ultima affermazione, non confermata dai dati concreti presentati relativi alle istituzioni verginiane nei secoli, viene però indirettamente suffragata da un'importante constatazione che lo stesso Giovanni Mongelli fece nel già citato "I monasteri e le chiese della Congregazione verginiana". Infatti, nel punto "VI TITOLI DEI MONASTERI VERGINIANI", sottolineò che su 147 titoli di chiese affidate nei tempi ai verginiani, si riscontrano "60 chiese dedicate alla Madonna, o senza alcuna specificazione o con determinati particolari, così distribuite…", anche se non cita quella di Petruro. L'assenza della Cappella di Maria SS di Montevergine di Petruro dalla lista non è determinante, visto che lo stesso Mongelli scrisse "Finora, parlandosi di chiese e dipendenze, costituenti la congregazione verginiana, si sono date notizie o inesatte o del tutto errate o per lo meno non corroborate da documenti. ..... Solo la pubblicazione del Regesto delle pergamene ha permesso di avviare l’elenco critico dei monasteri verginiani .... Il numero delle dipendenze da noi presentato non ha la pretesa di dire l’ultima parola in materia, ma vuole solo dire una sua parola, che riceve forza dai documenti di cui si serve …". In aggiunta, Carmine Carlone ne "Il problema dei falsi ed alcune presunte dipendenze verginiane" (in rivista Samnivm), sottolineò come vi siano state da parte degli stessi verginiani alterazioni di documenti o travisazioni, oltre che omissioni. Di conseguenza, il buco, la mancata inserzione della Cappella di Montevergine nel censimento delle istituzioni verginiane è possibile, cioè ammissibile, ma resta il fatto che manca un dato testuale che ci autorizzi a confermare la presenza dei verginiani nella Cappella di Contrada Lago. Ancora una volta, però, ci illumina Giovanni Mongelli, che sempre nel citato testo sui monasteri, osservò che "I verginiani cercavano di giungere al cuore delle popolazioni attraverso la devozione alla Madonna, e solo in seguito estendevano la devozione dei fedeli agli altri oggetti tanto cari alla loro sensibilità spirituale ….. lo stesso elenco dei monasteri trova un necessario completamento scorrendo questi vari titoli di varie chiese, che i verginiani officiavano tenendosi in contatto immediato con quel popolo che essi nutrivano nello spirito della fede cristiana, continuando l'opera del santo fondatore, che per mezzo delle piccole chiese rurali riaccendeva la fede del popolo e teneva viva la fiaccola di quella devozione che si deve alimentare con cura giorno dopo giorno. ….. in quasi tutte (e potremmo anche togliere quel <<quasi>>) le chiese officiate dai verginiani si trovava un altare dedicato alla Madonna sotto il titolo di Montevergine, anche in quelle chiese in cui l’altare maggiore recava il titolo della SS. Vergine, ma sotto altra determinazione". In conclusione, il 60% di 147 chiese significa che circa il 41% delle chiese verginiane erano dedicate alla Madonna, spesso rurali, come detto nel passo riportato: doppia coincidenza con la Cappella di Montevergine!

La dispensina citata "Petruro frammenti di storia e di vita locale" riporta pochi dati sulla Cappella, che però confermano il quadro d'assieme precedentemente delineato: la nuova Cappella sarebbe stata realizzata verso il 1880 per devozione di alcune famiglie di fedeli, rimpiazzando la cappella preesistente (quella che esisteva secondo il documento del 1772), rasa al suolo presumibilmente da un terremoto, che, richiamando i dati riportati all'inizio sui terremoti, dovrebbe essersi verificato nel 1805 o 1851 o 1853.

All'interno della struttura, si conserva una tela ad olio, nota come "Madonna della Montagna", raffigurante Maria Santissima di Montevergine, di anonimo autore, probabilmente un monaco del Santuario di Montevergine, per quanto abbiamo detto in precedenza. La dispensina dà l'evento per certo, suffragando la tesi col ritrovamento, avvenuto durante lavori di restauro effettuati nel 1995, di due pietre marmoree bianche che riportano la scritta "Pio VI". Il che confermerebbe la presenza e gestione del sito da parte di monaci verginiani.

S. Maria di Montevergine si festeggia l'8 settembre.

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