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Aragonesi

Nel 1436, il Re Alfonso I d'Aragona, mosse le sue truppe da Nola verso Avellino nel tentativo di spaventare e far passare dalla sua parte il Conte Trojano Caracciolo, il quale, però, essendo fedele a Renato d'Angiò, si oppose alle truppe aragonesi, precludendone il passaggio. Perciò, il Re Alfonso I assediò Avellino, tentando ripetutamente di entrare in città, ma senza successo, tanto che fu costretto a dirigersi verso Capriglia.

Tuttavia, quattro anni dopo, nel 1440, il Re aragonese riuscì ad avere la meglio della resistenza della città, che venne saccheggiata: tanti edifici, come il Castello, chiese, conventi e case, vennero dati alle fiamme e centinaia di avellinesi vennero massacrati.

L'abbandono dei sobborghi e la concentrazione della popolazione sulla Collina "La Terra", dove si trovava la Cattedrale, all'interno della cortina muraria difensiva, svuotò i Monasteri e le Chiese, che rimasero senza mezzi di sostentamento, inducendo il Vescovo Fuccio Montorio (1432-1465) a richiederne la soppressione, in modo da indirizzare le esigue rendite a favore della Cattedrale. I Papi Eugenio IV e Nicola V concessero l'autorizzazione ad incamerare l'Abbazia mitrata di San Benedetto e ad aggregare alla Parrocchia del Duomo quelle di S. Eligio, S. Mercurio, S. Lorenzo, S. Pietro, S. Andrea, S. Luca, S. Germano, S. Nicola dei Latini detto "a capo Avellino" e S. Nicola dei Greci. Quindi, la strage compiuta dagli Aragonesi finì per ridurre le dieci Parrocchie preesistenti all’attacco, ad una sola, quella del Vescovato.

Gli Aragonesi fecero abbattere persino le costruzioni site a Bellizzi, luogo di vacanze dei Signori di Avellino. Trojano Caracciolo, a questo punto, fu costretto ad invocare clemenza e passando dalla parte del Re aragonese, riebbe Avellino, assumendo l'impegno di sostenerlo contro Renato d'Angiò.

Nel 1458, però, defunto il Re Alfonso I, ripresero gli scontri tra Angioini e gli Aragonesi di Ferdinando I. Giovanni d'Angiò, figlio di Renato, si portò alla foce del Garigliano, sostenuto da tantissimi feudatari che passarono dalla sua parte, tra cui il Conte Giacomo Caracciolo, subentrato nel 1449 a Trojano. A questo punto, il Re Ferdinando pretese il rispetto da Giacomo Caracciolo degli accordi intercorsi tra i loro padri, invadendo con le sue truppe ripetutamente la Contea di Avellino, attaccando il Capoluogo, che conquistò ed a guardia del quale stabilì un presidio. Successivamente, nonostante il Re aragonese fosse stato magnanimo ed avesse restituito Avellino al Conte Giacomo, questi parteggiò ancora una volta per Giovanni d'Angiò. Iniziarono anni di lotte, ed alla fine, anche grazie all'appoggio del Duca di Milano, del Papa e del mitico condottiero albanese Scandergerg, Ferdinando I ebbe la meglio su Giovanni d'Angiò, nel 1464, che fu costretto a chiedere la pace ed a ritirarsi in Provenza, passando per Ischia.

A questo punto, sempre nel 1464, Ferdinando I, per punire il Conte di Avellino Giacomo Caracciolo della sua ripetuta infedeltà, occupò la Contea, che andò al Regio demanio e si fermò con le sue truppe ad Avellino, dove fece edificare una Cappella reale nella Chiesa di S. Giacomo, istituendovi anche la Commenda dell'Ordine di S. Giacomo della Spada.

A tal punto, passiamo al secolo XVI, trattando della Contessa Maria de Cardona.

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