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Storia

Se assai dubbia fu la frequentazione in epoche remote del territorio di Petruro Irpino, la contemporanea prossimità ad Altavilla Irpina ed all'acquedotto detto "Sannitico" indurrebbe ad ipotizzare che gli Hirpini, ed ancor più i Romani, abbiano realizzato nell'area una qualche forma di insediamento, più o meno stabile.

La presenza romana, troverebbe una indiretta conferma etimologica, visto che secondo alcuni, il vocabolo "Praetorium" (ufficio del Pretore, amministratore della giustizia) sarebbe all'origine del nome del paese.

La presenza romana, inoltre, sarebbe direttamente suffragata da una serie di riferimenti archeologici:

Avvolto dal mistero è anche il periodo successivo al crollo dell'Impero Romano d'Occidente (453) ed alla nascita del primo aggregato di case che andò a formare il borgo medioevale, almeno fino al periodo della dominazione Angioina.

Il primo documento in cui Petruro venne citato porta la data del 22 marzo 1240, quando il paese era un Casale di Montefusco. In tale scritto, Federico II, da Pescara, dava l'ordine di pagare per suo conto once 28 e 1/2 a Gentile di Petruro e la sua squadra di 10 cavalieri ed altre once 8 a Pandolfo de Petruro, che era a capo di tre Cavalieri.

A partire questo momento, alla carenza di fonti scritte sulla storia di Petruro, fa riscontro una relativa, se non abbondanza, quantomeno disponibilità. Chi volesse avere una notizia sintetica degli atti e documenti del periodo 1240-fine XVIII secolo, può leggere "Documenti per la Storia dei vari Comuni dell'Irpinia", vol. II (pagg.461-468) dello storico Francesco Scandone, oppure "Petruro chi parla diventa pietra" (pagg. 11-23) di Jenny Capozzi, una giovane vivente Petrurese, che ha ottimamente sintetizzato il periodo storico indicato.

Durante l'epoca angioina, nel 1289, il feudo di Petruro andò a Giovanni Mentella, a cui successero prima Matteo e poi Marino. Il feudo andò poi ai D'Afflitto. Cubella (o Cobella) D'Afflitto contrasse matrimonio con un Calenda. Il loro figlio Nicola Francesco Calenda, cedette il Casale di Petruro a Pietro de Candida, imparentato con il Re Ferrante I d'Aragona, che acconsentì volentieri alla compravendita concedendo Privilegio sottoscritto nel Castelnuovo di Napoli il 1 marzo 1463.

A tal punto, divenne feudatario Nicola Francesco Calenda, anche se non si sa quale fu il "titolo" giuridico che giustificò tale passaggio. Il nuovo Signore venne autorizzato a dividere il feudo di Petruro, attribuendone:

A tal punto, Emilia, che aveva ottenuto anche la metà del feudo di Petruro andata alla cugina Emilia Calenda, non potendo trasferire l'intero feudo al figlio Giovan Battista Ottone Matelica, deceduto, lo trasmise alla nipote, figlia primogenita di Giovan Battista, Laura, che pagò il riscatto il 14 febbraio 1592.

Nel 1635, alla morte di Laura, andata in sposa a Giovanni Domenico Marano, le subentrò il figlio Francesco Antonio Marano, che essendo morto senza figli, trasmise i diritti feudali al fratello Rodolfo I, il quale, deceduto il 28 novembre 1691, trasmise a sua volta al primogenito Gaetano I, nominato Marchese di Petruro da Re Carlo II di Spagna il 28 aprile 1695.

Poichè il Marchese aveva trasmesso i diritti al figlio Agnello, deceduto senza figli, la Gran corte, con decreto del 3 ottobre 1732, attribuì il Marchesato di Petruro al fratello Rodolfo II, deceduto poi il 17 gennaio 1767, a cui subentrò il primogenito Gaetano II, che generò solo una figlia, Teresa, che contrasse matrimonio con Domenico Bonito dei Principi di Casapesenna. Successivamente, Teresa sposò in seconde nozze Giovanni Paolillo Bonito, da cui ebbe Alessandro, maritato con Giovanna Castriota Scanderberg. I coniugi ebbero il figlio Domenico Bonito, ultimo Marchese di Petruro, fino all'abolizione dei diritti feudali (1806).

La peste del 1656 colpì Petruro.

Stando alle risultanze dell'Archivio Parrocchiale della chiesa di S. Bartolomeo Apostolo, nel 1711, il borgo medioevale veniva chiamato Petrurij.

Preceduta da un prolungato periodo di siccità, nel 1764, Petruro patì una tremenda carestia, che si protrasse fino al raccolto del 1764, spingendo persino le persone normalmente agiate ad aggirarsi per le campagne pur di rimediare qualcosa da mangiare, persino l'erba selvatica. Tantissimi furono i morti, che non potendo più essere seppelliti in chiesa, vennero riposti in una grande fossa in località Pagliara (dietro la chiesa). Le statistiche dei morti furono tremende: da 615 residenti a 473 sopravvissuti, nell'arco di un solo anno (marzo 1764 - marzo 1765).

Dopo qualche decennio, vi fu un nuovo periodo prolungato di siccità (gennaio-giugno 1799), anche se, per fortuna, le piogge di giugno consentirono la maturazione del grano ed un buon raccolto.

Venne poi la volta del colera del 1837, favorito dalle pessime condizioni igienico-sanitarie generali ed all'interno delle abitazioni, che in due mesi (luglio-settembre) fece 28 vittime.

Solo tre furono, invece, le vittime dell'epidemia di colera successiva, quella del 1887, tutte viventi nei pressi di Altavilla (dove su 275 infettati, ne morirono 103 dal 13 settembre al 20 ottobre), mentre il centro di Petruro restò indenne.

Gli ideali di libertà e democrazia della fine del XVIII secolo raccolsero adepti anche nella parte erudita di questo borgo, alcuni dei quali andarono sotto processo.

Petruro diede i natali al patriota e letterato Angelo Troisi, che tenne un'accesa corrispondenza epistolare con coetani napoletani, da cui emergeva l'aspirazione a vivere in un paese unito, l'Italia, dove i principi della rivoluzione francese, libertà, eguaglianza e fratellanza fossero applicati.

Il fenomeno del brigantaggio interessò anche Petruro, visto che alcuni paesani, Pasquale Giovanniello, Michelangelo Giovanniello, Francesco Covino e Abele Lupo, presero parte alla reazione borbonica contro l'unità d'Italia (7-8 luglio 1861), che sebbene vistosa (distruzione di quadri del Re, di Garibaldi, Tricolore dato alle fiamme, furto di fucili presso le sedi della Guardia Nazionale), non fu, come in altri luoghi, cruenta, visto che non portò uccisioni e violenze, I Carabinieri Reali, intervenuti, arrestarono diverse persone, tra cui i Petruresi già citati, che vennero condannati il 7 maggio 1862.

Tra il 1927 ed il 1945, Petruro perse l'autonomia amministrativa, in quanto venne assorbito da Chianche.

Nel 1950 a Petruro venne aggiunto "Irpino", originando l'attuale denominazione.

In merito alla questione etimologica, va precisato che, oltre all'origine di cui abbiamo già detto in merito alla presunta presenza romana nel territorio di Petruro, altre teorie spiegano diversamente l'origine del nome del paese: secondo alcuni, Petruro deriverebbe dal vocabolo latino "Petra" (rupe, roccia), secondo altri da "Petrurium", pietra-roccia. Entrambe le tesi ci sembrano plausibili, considerando il luogo dove il paese è sorto.

Passando, infine, dalla storia alla tradizione, ricordiamo infine, che una località oggi senza nome, un tempo detta "Noce di Santa Maria" ai confini del territorio di Petruro, delimitata dal fiume Sabato e dal territorio del Comune di Chianche, era il luogo dove si riteneva si riunissero le streghe beneventane, sotto ad un albero di noce, per effettuare le loro pratiche magiche e tenere i contatti con l'Inferno. Il Vescovo di Benevento, S. Bartolomeo, onde porre fine a tali riti deprecabili, ordinò la rimozione dell'albero.

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