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Feudatari Caracciolo

Vennero iniziati dei lavori di restauro della Cattedrale sotto il Vescovo Ascanio Alberini (1549-1580), che fece impreziosire il Duomo, dotandolo di un notevole Coro e dell'organo.

Nel 1581, Marino Caracciolo, un prode Cavaliere della Battaglia di Lepanto, comprò dalla Corona il feudo di Avellino col Casale di Bellizzi, per 113.469 ducati, ottenendo nel 1589 il titolo di Principe ed insediandosi nel Castello. Marino Caracciolo subordinò l'acquisto alla condizione che ad Avellino (a quel tempo circa 2850 abitanti) non dovessero risiedere ufficiali regi. Di conseguenza, l'Udienza provinciale fu spostata a Montefusco, che divenne il nuovo Capoluogo della Provincia di "Principato Ultra", titolo detenuto sin dal 1284 da Avellino.

Iniziò, così, il lungo periodo feudale della famiglia Caracciolo-Rossi, che durò fino all'abolizione dei diritti feudali (1806), durante il quale, Avellino subì una metamorfosi urbanistica.

Camillo Caracciolo, verso il 1615, fece trasformare il Castello in palazzo, convertendo il terreno attiguo in giardino, a cui si accedeva attraverso il Casino del Principe. Poi, il Castello e la città vissero sotto Marino II, dal 1617 al 1630, un periodo "magico". Si ebbe anche lo spostamento del baricentro cittadino a seguito dell'abbandono del Castello e del trasferimento della residenza signorile al Palazzo Caracciolo.

Ma tanti altri fenomeni accompagnarono il Principato dei Caracciolo: l’espansione urbana, la crescita demografica, economica e culturale (i Caracciolo tennero nel Castello e poi nel Palazzo una splendida corte, frequentata da artisti e letterati, come il Poeta Giambattista Basile, Conte di Torone, ed il Conte Majolino Bisaccioni, e ridiedero impulso all'Accademia dei Dogliosi), un notevole miglioramento estetico, soprattutto verso la metà del XVII secolo. Infatti, il Principe Francesco Marino Caracciolo, quando Avellino contava tra 3000 e 4000 abitanti, fece costruire la Chiesa di S. Carlo Borromeo (divenuta poi nel 1817, Teatro comunale), terminare la Chiesa col Monastero del Carmine, e fece alzare nuove e più ampie mura, con due porte monumentali: Porta Napoli e Porta Puglia.

Ma il grande merito dell'abbellimento della città va alle opere progettate principalmente dall'Architetto bergamasco Cosimo Fanzago (e dall'Architetto Nauclerio), a cui si deve la facciata del Palazzo della Dogana, l'Obelisco a Carlo II d'Asburgo e secondo recenti revisioni, forse anche della Torre dell'Orologio.

La pestilenza del 1656 fu terribile e si diffuse nonostante l'adozione di provvedimenti cautelari, come quello di impedire l'ingresso ad Avellino dei forestieri e quello di tenere la Dogana fuori dell'abitato. Gli Avellinesi non tennero nel dovuto conto le raccomandazioni loro impartite, e così il morbo si diffuse, mietendo vittime "a iosa", tanto che si contarono quaranta casi di contagio al giorno, in prevalenza tra le donne. Vennero creati diversi Lazzaretti, stracolmi, come pure i Cimiteri. Ben presto, a causa dei decessi, tra cui quello del Vescovo, morto il 7 luglio, cominciarono a scarseggiare medici e becchini, per cui i morti rimanevano insepolti. Avellino venne ridotta in condizioni miserevoli a causa della sospensione dei traffici ed i residui cittadini, ridotti da 10000 a 2500 (stando al Giustiniani), cioè un quinto del totale originario, oppressi da continue gabelle. Probabilmente il dato statistico di arrivo è veritiero, mentre quello di partenza sicuramente esagerato, dovendosi ritenere che prima della pestilenza vivessero ad Avellino all'incirca 4500 persone.

Tale evento, oltre che ad affossare economicamente e demograficamente Avellino, segnò sostanzialmente la fine del Castello, che rimase in stato di abbandono.

Sopraggiunsero il terremoto del 1688 e quello tremendo del 1732.

I moti del 1799 non attrassero particolarmente i cittadini di Avellino, che sostanzialmente se ne disinteressarono.

All'inizio del XVIII secolo, i Caracciolo trasferirono la loro sede nel nuovo Palazzo sito al Largo d'Avellino (Piazza Libertà).

Nel 1805 si registrò un altro terremoto disastroso.

Giungiamo, finalmente, al 1806, con la rielevazione di Avellino a Capoluogo della Provincia di Principato Ultra.

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