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Storia

La frequentazione del territorio di Montoro superiore è remota, risalendo alla Preistoria, come confermato da una serie di ritrovamenti archeologici, rappresentati da tumuli in muratura della civiltà Villanoviava ed oggetti in bronzo e ferro (2500- 500 A.C.).

Sul territorio delle due Montoro, Superiore ed Inferiore, le milizie romane, comandate dai Consoli Tito Vetruvio e Spurio Postumico, dovettero sostare nel 321 A.C., prima di ricevere l'ordine di attaccare le terre dei soldati della "Lega sannitica" (Hirpini, Caudini, Pentri, Caricini, Frentani). Presso la "Gola di Retomuro", le truppe della citata Lega, dirette da Caio Ponzio si opposero al tentativo dei Romani di penetrare nel territorio della Lega, che perirono in gran numero. Una conferma di quanto scritto, e della celeberrima sconfitta avvenuta successivamente alle "Forche Caudine", si ebbe col ritrovamento di una gran quantità di monete romane in bronzo, più di un quintale, tutte della stessa epoca, ritrovate lungo un corso d'acqua proprio nella citata località Retomuro. Tali monete erano nascoste sotto una grande pietra spostatasi a causa di uno smottamento. Si ritiene che i Romani, resisi conto della prossima sconfitta, abbiano preferito occultare tanta ricchezza, onde impedire che finisse nelle mani del nemico.

Alla popolazione indigena (Oschi) e sopraggiunta (Hirpini), probabilmente si aggiunsero dei fuggiaschi Picentini sconfitti dai Romani, nell'anno 485 di Roma.

Con l'arrivo di Annibale, che inflisse ai Romani la celebre sconfitta di Canne, le locali popolazioni si ribellarono al giogo romano, godendo della protezione dei Cartaginesi per un lustro.

Al tempo dei Romani, il territorio fece parte della giurisdizione della colonia di Abellinum (nel territorio dell'odierna Atripalda). Al periodo imperiale si riferiscono delle epigrafi individuate da Teodoro Momsen epigrafi.

Il territorio di Montoro vide lo scontro tra Goti e Bizantini (504-505), a Campo dei Greci presso la frazione San Bartolomeo, che oggi rientra nel territorio di Montoro Inferiore.

Nel 569, feudatario fu Zottone, generale del Re longobardo Auteri II. Ai Longobardi, infatti, viene ricondotta la fondazione del borgo medioevale (non più tardi del IX secolo), che sarebbe stato citato per la prima volta nell'884. Successivamente, il feudo passò al Gastaldo (o Castaldo) di S. Severino. In origine sembra che il paese sorgesse sopra un colle, ma poi per varie circostanze, venne abbandonato e riedificato nel sito attuale. Nel 943, il Conte di Giffoni ricevette dal Principe di Salerno Gisulfo, il Gastaldato diS. Severino "cum Montaureo", cioè Montoro e Serino. Seguirono altri feudatari, finchè in epoca angioina, nel 1268, il Re Carlo I d'Angiò, fece dono del feudo a Guglielmo de Beaumont, che andò, nel 1269, alla figlia Isabella, alla cui morte, venne acquisito dal Regio fisco. Fu poi la volta di Riccardo, Conte di Marsico, che lo donò, nel 1270, alla sua seconda moglie Berardessa del Duca, la quale, nel 1279, trasmise il feudo al nuovo marito Pietro de Suria.

Con la scissione del Ducato longobardo di Salerno da quello di longobardo di Benevento, nel 1284, il feudo di Montoro si trovò inglobato nel primo, detto Principato ultra serris Montori.

Nel 1299, con la morte del feudatario Pietro de Suria, il feudo tornò al Regio fisco, per andare in regalia a Bartolomeo Siginulfo, per volere del Re Carlo II. Nel 1304, il Montoro veniva elevato a feudo indipendente. Il sovracitato Siginulfo venne privato del feudo, che nel 1314 andò a Diego della Ratta, poi, nel 1320, al figlio Francesco, nel 1359 al figlio Antonio, nel 1380, alla figlia Francesca, che lo portò in dote a Matteo della Marra de Serino. Morta Francesca, il marito, nel 1405, cedette il feudo a Bernardo Zurlo, alla cui morte, avvenuta nel 1415, successe il figlio Francesco, a cui successe, nel 1461, il figlio Bernardo, a cui successe, nel 1492, il figlio Francesco, che, nel 1495 venne privato del feudo di Montoro dalla Regia Corte, che lo vendette, nel 1531, ad Annibale de Capua, che prontamente lo girò a Lucrezia Zurlo, moglie di Bartolomeo de Capua, la quale, nel 1535, lo trasferì al figlio Luigi Martino, a cui successe, nel 1554, il figlio Giovanni de Capua, che dispose testamentariamente a favore della figlia Ippolita, la quale, nel 1588, rifiutò il lascito a vantaggio di Fabrizio de Capua, suo zio (1589). Nel 1591, gli subentrò il figlio Vincenzo Luigi, che ne fece dono, nel 1605, al figlio Giovan Fabrizio, che nel 1623, lo cedette a Giovanni de Capua, suo zio, che non potendo onorare l'impegno finanziario, fu costretto a rinunziarvi. L'anno successivo, pertanto, il feudo tornò a Giovan Fabrizio, alla cui morte, nel 1645, il feudo andò al figlio Bartolomeo, morto il quale, nel 1691, gli subentrò il figlio Giovan Battista, che fu esiliato e privato del feudo, che finì temporaneamente a suo figlio. Ma nel 1707, Giovan Battista, tornato in Italia, venne reintegrato nel feudo, che tenne fino alla morte, avvenuta nel 1732. Ma essendo già deceduto suo figlio Bartolomeo, il feudo andò al figlio di Bartolomeo, che portava lo stesso nome. Il feudo, però, in un primo tempo, venne retto dalla madre Anna Cattaneo, visto che Bartolomeo non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Successivamente, diventato maggiorenne, Bartolomeo fu Conte di Montoro per tutta la vita, risultando essere l'ultimo Signore di Montoro, visto che, alla sua morte, non avendo avuto figli, il feudo fu incamerato dal Regio fisco, fino all'abolizione dei diritti feudali (2 agosto 1806).

Il Mandamento di Montoro, ora rappresentato dai due Comuni di Montoro Superiore e Montoro Inferiore, fino al Regio Decreto 21 agosto 1829, fece capo ad una sola Università, quella che oggi definiamo Municipalità o Comune, e fino al 7 febbraio 1861 rientrò nel Principato Citra.

Montoro Superiore diede i natali ai patrioti Vincenzo Galiani e Nicola Pepe, che lottarono contro i Borbone: il primo morì sulla forca a Napoli nel 1794, il secondo venne rinchiuso dopo il 1799 nel Carcere di Montefusco.

In merito alla questione etimologica, l'origine del nome del paese è controversa, discendendo, secondo alcuni, da "Mons taurus", Monte del Toro, in riferimento alla tradizionale fertilità del suolo montorese, secondo altri, da "Mons aureus", Monte aureo, sempre a cagione della fertilità dei terreni e dell'abbondanza delle sorgenti, oppure, forse troppo estensivamente, ricordando che Piazza di Pandola (oggi nel territorio di Montoro Inferiore), posta lungo il torrente Solofrana (o Rio Secco), trae il suo nome dal greco che fa riferimento ad una vela a forma di vello conciato, visto che nei tempi antichi i velli erano utilizzati per trattenere le pagliuzze d’oro nelle acque dei torrenti provenienti dalle montagne e che l'arte dei "Battiloro" e dei "Battiargento" fu molto diffusa nel Solofrano-Montorese. Altri ancora, fanno derivare il nome "Montoro" da "Mons Torus", dove "Torus" era il rialzo di terra usato dai Romani quale punto di avvistamento (di cui residuano nell'etimo la località sopraelevate di Tuori a Banzano, Toro Soprano e Toro Sottano a Solofra e Tuoro Cappuccini ad Avellino).

Nei vari documenti, comunque, la denominazione utilizzata non fu uniforme, visto che oltre a Montaureo già citato e Montoro, nei documenti antichi si legge, anche se meno spesso, Montorio o Mondoro.

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